(AdnKronos) – Uomo di pace e tolleranza, anche a Taobuk lo scrittore Amos Oz ha manifestato il problematico rapporto con la fede: “Non credo in Dio, ma ne ho paura. Sono nato a Gerusalemme, ma ne so quanto voi di Dio, non so se si tratti di un lui o una lei, ma secondo me non è un grande amico dell’umanità. Non so darmi altra risposta se penso a quanto la nostra vita sia piena di dolore, sofferenza, ingiustizie, orrore. Allora mi è molto difficile pensare alla figura di questo Dio buono: dite quello che volete, ma mi spaventa e terrorizza da morire”.
Ed ecco che il pensatore svela il narratore, che da bambino sognava di diventare un libro, come scrive in “Una storia d’amore e di tenebra”: “Sono nato nel lontano 1939 e mi rendevo conto già da piccolo, tra gli orrori della guerra, che intorno a me morivano non solo gli adulti ma anche i bambini. E allora ho pensato che fosse decisamente una cosa più sicura se avessi avuto la possibilità di crescere diventando un libro: è vero pure che i libri si possono distruggere così come si può privare gli esseri umani della vita, però può darsi magari che una coppia superstite sopravviva in una remota libreria a Reykjavik, San Paolo, Tokyo. Ma adesso che sono cresciuto sono felicissimo di non essere diventato un libro e trovo più piacere nel vivere da essere umano, è molto più eccitante. Certo vuol dire anche provare dolore e scontento, però perlomeno non ho passato il novanta per cento della mia vita dimenticato su uno scaffale coperto di polvere! Poi vi voglio confidare un segreto e per quale ragione mi considero un narratore: quando avevo cinque anni ero gracile e quindi piuttosto lento, non sapevo cantare, non sapevo danzare, non ero proprio il massimo negli sport. Dall’ asilo in poi, per tutta la durata della scuola, l’unico modo che avevo per attirare le ragazze era raccontare loro delle storie. Ho capito presto che narrare è l’azione umana più antica del mondo, più antica della letteratura, dei romanzi lunghi e brevi, della tradizione orale, della ricostruzione dei fatti storici”.
E ancora: “Già al tempo delle caverne i primitivi usavano elaborare racconti, immaginate l’atmosfera, le grotte di notte, illuminate solo dalla luce del fuoco, immaginate questi esseri, seduti intorno ai legni ardenti, mettere a disposizione degli altri la propria fantasia e raccontare esagerando la realtà, o elaborando i loro sogni. Se mi chiedete a quando risale la narrazione, secondo me è assai più antica addirittura della sessualità umana, che si differenzia da quella animale perché coinvolge e riguarda sempre una storia, se non addirittura una fiaba, nel senso che spesso noi attiriamo il nostro partner con racconti che affascinano la sua testa. E quindi il narrare è addirittura più antico di quanto non lo sia la sessualità nell’uomo”.