sabato 6 Settembre 2025

Tre anni fa scompariva nel nulla Daouda Diane. Aveva denunciato sfruttamento e mancanza di sicurezza nel lavoro

Tre anni, il 2 luglio del 2022, fa scompariva nel nulla, ad Acate, Daouda Diane, giovane lavoratore della Costa D’Avorio. E ancora oggi non si sa cosa gli sia accaduto e non è stata fatta giustizia. Daouda, poco prima della scomparsa, in un video inviato ai parenti, aveva denunciato condizioni di sfruttamento nel lavoro e di mancanza di sicurezza. La Cgil, con le strutture nazionali, regionale e di Ragusa, lo ricorda e torna a chiedere “che venga fatto ogni sforzo per arrivare alla verità”  e annuncia il prosieguo delle iniziative “affinchè non si spengano i riflettori sul caso e per il sostegno  concreto ai familiari”.
“Per  la scomparsa di Daouda- scrivono in una nota di Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia, Peppe Scifo, del dipartimento nazionale immigrazione della Cgil  e Giuseppe Roccuzzo, segretario generale della Cgil di Ragusa- non ci sono spiegazioni se non quelle legate al suo attivismo e alla sua azione di denuncia. In questi anni- continuano-  la Cgil ha interloquito con diversi livelli istituzionali dalla Politica, alle Commissioni antimafia regionale e nazionale, promuovendo iniziative, come il 1 Maggio del 2023 ad Acate,  per non spegnere i riflettori su questa tragica e assurda vicenda. Si teme oggi – sottolineano- il rischio di una definitiva archiviazione delle indagini il che significherebbe la fine di ogni speranza di conoscere la verità e avere giustizia, per Daouda, la sua famiglia e  per noi noi tutti. Siamo impegnati- sottolineano- perché non cali l’oblio sulla vicenda e si arrivi alla verità.”
Ripercorriamo la vicenda. Daoude Diane scompare da Acate il 2 luglio del 2022 . Il video inviato ai familiari viene fatto nel pomeriggio di quella giornata, dentro un’azienda di calcestruzzi di Acate la SVG, dall’interno di una betoniera in una delle giornate di allerta per il troppo caldo.  Daouda riprende se stesso  all’interno di una betoniera, con un martello pneumatico  e senza alcun dispositivo di protezione. “ Qui il lavoro è morte” diceva nel messaggi. Quella è stata l’ultima sua traccia: da quel giorno non se ne hanno  più notizie.  “Le indagini – ricorda la Cgil- hanno visto una prima fase di tentennamento perché si pensava a un allontanamento spontaneo, nonostante da più parti , tra le persone a lui vicine, si escludeva questa ipotesi.  Daouda- continua la nota- era un lavoratore ben integrato, con un impiego part time presso un centro di accoglienza come mediatore culturale e in più faceva altri lavori come quello alla SVG, anche se mai contrattualizzato. Era inoltre impegnato nel sociale per aiutare i lavoratori stranieri vittime di sfruttamento lavorativo, soprattutto i braccianti agricoli impiegati nelle campagne della fascia trasformata del ragusano”. Una persona dunque che conosceva bene “quel contesto di lavoro – affermano Mannino, Scifo e Roccuzzo- dove il rischio per la salute e per la sicurezza è altissimo,  sia in edilizia che in agricoltura”. Da persona attiva e grazie al suo impegno sociale e sindacale Daouda aveva capito la drammaticità della situazione in Italia, Paese dove era arrivato qualche anno prima con un viaggio della fortuna.
“Questa scomparsa apre scenari gravissimi per tutto il tessuto civile, imprenditoriale ed istituzionale di un territorio- affermano i sindacalisti-  dove è possibile che accadano fatti del genere senza mai risalire alla verità e nemmeno alla concretezza di  elementi come il ritrovamento del corpo. La moglie e il figlio di Daouda – sottolineano- attendono giustizia, ma servono verità e giustizia anche per tutti noi, per lo Stato che non può continuare a subire questa sconfitta. Serve agire in nome di Daouda Diane – aggiungono-per scardinare il sistema di omertà che ancora oggi copre la verità sulla sua scomparsa e continuare la lotta contro ogni forma di sfruttamento che obbliga migliaia di lavoratori e lavoratrici a sottostare alla dittatura del bisogno con poche speranze di ottenere riscatto”.  Mannino, Scifo  e Roccuzzo  rilevano che “la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro sono una parte della condizione di diritti negati sul lavoro in Italia: serve cambiamento ed invertire la rotta- rimarcano-  mettendo al centro il lavoro e il suo valore sociale ed umano. Il Governo non può continuare a ignorare questa situazione generale affidando questioni centrali al mercato, alle imprese, alla burocrazia e alle autocertificazioni come nel caso degli adempimenti su salute e sicurezza”.

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